domenica 30 marzo 2014

Semplicemente Etna


Non sazio di Etna, parto in una giornata nuvolosa per un'escursione di due giorni sul versante nord del vulcano, puntando questa volta verso monte Santa Maria/rifugio Saletti. Ho dapprima attraversato i Nebrodi immersi nelle nubi, dove una breve deviazione mi regala questi due scatti affascinanti:
Nebrodi. Luci e ombre nei pressi di Portella Mitta, m.1241
Nebrodi, lo sconfinato pianoro delle case Batessa, m.1296
Giunto a Randazzo faccio una sosta per i rifornimenti e appena lasciata la città mi imbatto nel fronte lavico generato nell'eruzione del 1981, che sfiorò il bel paese medievale di circa un chilometro. Fotograficamente oggi ci sono le condizioni ideali, con nuvole sparse che oscurano il paesaggio a macchia di leopardo.

Randazzo. Fronte lavico del 1981
Mi faccio indicare la direzione per la contrada Pirao, dove abbandono l'auto e proseguo a piedi in un paesaggio che ancora ha i segni dell'uomo, ma che presto diventerà di assoluta natura.
Masseria abbandonata in pietra lavica. Contrada Pirao (Randazzo, CT)
Ginestre arboree
Alle 11 raggiungo un piccolo altopiano utilizzato dai pastori a circa 1300 metri di quota; qui sorge il vecchio edificio della Cisternazza, un grande serbatoio circolare destinato alla raccolta dell'acqua piovana; è una struttura unica sull'intero vulcano. 
Dato che inizia a piovere con insistenza, decido di proseguire verso ovest in direzione del rifugio forestale Saletti.
Etna nord. La Cisternazza

l'arrivo al rifugio Forestale Saletti
Dedico il pomeriggio piovoso a poltrire davanti al camino ascoltando musica; poi prima che si faccia sera mi reco sulle lave del 1981, distanti un paio di chilometri. Lo scenario è magnifico; nuvole spinte dai venti di tramontana che oscurano la catena dei Nebrodi, e macchie di luce in fondo, nella valle dell'Alcàntara.
Io qui, sul deserto lavico, in solitudine - fotografando in stato di estasi.


Quando la luce non è più sufficiente faccio infine ritorno verso il rifugio, riattivando le braci del camino, cenando e addormentandomi sulle note di un concerto al pianoforte di Schumann gentilmente trasmesso via etere.

Il giorno successivo decido di alzarmi alle 4,30 del mattino. Voglio fotografare il fiume di lava pietrificata con la luce giusta. E' una giornata splendida e fredda. Il cielo è completamente ripulito, non c'è traccia della perturbazione di ieri. Ripulisco il pavimento, riordino tutto e parto con il mio zaino pesante sulla pista ancora immersa nel buio. Prima un bosco di pino laricio, poi la lava. Inizia lo spettacolo dell'alba.
Alba sui campi di lava dell'81. Sullo sfondo il cratere spento di M.Spagnolo, m.1440


Spettacolari concrezioni di lave cordate. Banchi lavici del 1614-1624
Un tratto suggestivo del percorso nei pressi di monte S.Maria, m.1632

Durante la marcia di rientro dedico qualche minuto alla visita della grotta X.Schadlish, una grotta di scorrimento lavico che ha uno sviluppo di 112 metri. Dev'essere stata scoperta recentemente dato che non è segnata sulle carte.

Anche quest'escursione sta per finire; sono stati due giorni meravigliosi, tra i più belli che abbia vissuto sull'Etna. L'ultima foto che scatto, la seguente, forse riassume un po' l'anima di questo vulcano: lui dà - lui toglie. La vita che rinasce sulle pietre, gli alberi che colonizzano le lave, prima arbusti poi boschi. L'uomo che da secoli vive su questa montagna e a volte assiste alla disfatta.

Mentre riprendo con il teleobiettivo quella casa sommersa dalla lava mi accorgo che due cani mi stanno osservando. Li avevo già visti ieri. Sembrano Husky siberiani di pelo scuro - uno ha un brandello di collare, forse li hanno abbandonati. Mi è avanzato mezzo panino - è tutto quello che ho e glielo cedo.
Mentre mi allontano con la macchina vedo dallo specchietto retrovisore che lo stanno mangiando -

Ciao Etna.
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