martedì 30 settembre 2014

Terra di sabbie nere e vento, terza e ultima parte.



   Aspetto con ansia la luce - aspetto che albeggi. Devo smontare il campo e andarmene. Le raffiche di vento ormai sono micidiali: verso le 4 del mattino hanno cambiato direzione; dritte da ovest a est, come se verso il sole che sta per sorgere ci fosse il vuoto che richiama avidamente molecole d'aria.

  Con tutta la calma che riesco a trovare smonto razionalmente la tenda riuscendo a sottrarla alla morsa beffarda e pericolosa delle raffiche. Un attimo di disattenzione e il tessuto spiccherebbe il volo verso chissà dove. Non mangio nulla, ci penserò dopo. Di usare il fornelletto manco se ne parla, d'altronde -

L'alba giunge intorno alle sei.
Tinge di rosso i crateri, visibilissimi. Ed è meravigliosa -

Alba sulla Valle del Leone, ore 6. In alto a destra i crateri sommitali, mt.3300.
Nikon D7000   Sigma 8-16mm @ f/6,3  1/50sec.  iso400 exp.0 EV, mano libera

veduta sul versante nord est; sullo sfondo il mare e capo Taormina.

La valle adesso è quasi libera dalle nuvole; si vedono i bastioni che la chiudono a sud.


colonna gigantesca di nuvole in controluce; quello sullo sfondo è il mare Ionio.

Inizio la marcia di rientro. Percorro nuovamente il Piano delle Concazze, che ieri era poco visibile.
Un deserto nero su cui sono piovuti chissà quando materiali piroclastici chiari.

il Piano delle Concazze, m.2700




  Man mano che scendo di quota lungo l'interminabile pista il vento si placa, l'aria si riscalda e il respiro si allunga. Scendo, scendo, passo dopo passo.
Il bel cratere di Monte Pizzillo mi annuncia che per Piano Provenzana non manca tantissimo.

In alto. Il cratere spento di M.Pizzillo, m.2414. In primo piano, una delle Bocche del 1809.

L'arrivo.
   Alle 10 del mattino giungo finalmente al punto di partenza. E' sabato e c'è in giro gente da tutto il mondo.
Tedeschi inglesi francesi americani. Ho le labbra screpolate e la faccia di chi ha patito. Il mio zaino enorme desta curiosità. Mi chiedono se ho dormito "lassù".
"Yes I did", rispondo con orgoglio. "Close to heaven !" - e indico i Pizzi Denèri che sono un punto lontanissimo in alto. Stento anch'io a crederci. Ma la buona volontà fa fare tante cose -

  Si avvicina un giapponese. Mi sorride con un piccolo inchino tutto orientale. E' un uomo piccolo e vestito con una giacchetta da ufficio. E' estasiato dal posto, dai paesaggi del vulcano, che fotografa avidamente.  Ispira simpatia e scambio qualche parola anche con lui: "C'è molto da camminare ?", "quanto sono lontani i crateri spenti ?", "...ma sono veramente spenti ?" -

  Ho male ai piedi, al ginocchio destro, ai tendini della gamba sinistra e alla schiena, mi lacrimano gli occhi per il vento e ho in bocca granelli di sabbia vulcanica - ho fame e sono stanco.
Ma credetemi, mi sento maledettamente felice.

  Chiudo questo racconto con un'immagine, catturata proprio a Piano Provenzana e quindi alla portata di tutti.
Quei pini travolti dalle lave. Alcuni abbattuti - altri ancora in piedi come soldati che non si arrendono.
Mi ricordano Il Soldatino di Stagno, la favola più bella del mondo scritta da Hans Christian Andersen.
Sono cresciuti sul vulcano, e Lui se li è ripresi -

Sabbie - vento - tempeste - lave - morte - rinascita: in una parola, Etna.
Nemesi di tutte le cose che erano, che sono - e che saranno in avvenire.

Piano Provenzana (Catania), 26-27 settembre 2014.



Fine.

Commenti e critiche sono graditi; non è necessaria iscrizione.

lunedì 29 settembre 2014

Terra di sabbie nere e vento, seconda parte.


Rising and falling lighter than air
silently calling no one is there?
wind that is blowing so wild and so free
closer to heaven than you and me

The Alan Parsons Project, Gaudi


   L'osservatorio vulcanologico sorge in posizione sopraelevata per evitare di essere sommerso da eventuali colate laviche, come già accaduto per analoghe strutture sul versante sud dell'Etna. Dall'edificio si gode di una vista eccezionale verso la costa ionica sino a capo Taormina, ma è lo scenario a sud quello che mi interessa di più, e che costituisce il motivo per cui sono arrivato qui -

  A breve distanza mi reco infatti sull'orlo settentrionale della Valle del Leone
Un dirupo, un abisso di sabbie nere che precipita senza fine a quarantacinque gradi verso una valle sconfinata dove dalla notte dei tempi si adagiano colate laviche.
Questa vallata costituisce l'estremità nord occidentale della più conosciuta Valle del Bove, l'immenso sprofondamento calderico che interessa tutto il lato est del vulcano.

  E io sono qui nel vento, che dirige una danza infinita di nuvole. Le quali proiettano ombre e luci su questo spazio infinito che è una meraviglia della geologia.

la Valle del Leone ripresa dai Pizzi Deneri, m.2847
Valle del Leone, spettacolari dicchi di affioramento
 
Muovendomi con cautela lungo il crinale mi reco in un punto dal quale la vista spazia sino al mare.
La turbolenza a questa quota è incredibile, e le masse nuvolose assumono forme e dimensioni molto suggestive.

Pizzi Deneri, veduta verso est. Il cratere spento di Monte Frumento delle Concazze, m.2151, ripreso col teleobiettivo
Pizzi Deneri, sentiero di crinale. Bocche del 1928.

  Intorno alle 17 decido di montare la tenda. L'unico posto in piano è il crinale, la cosiddetta Rocca della Valle. Il vento non dà tregua e rende l'operazione difficoltosa e frustrante. Impiego oltre mezz'ora per montare la tenda, quando normalmente ci vogliono non più di cinque-sei minuti. E' come maneggiare la vela di una barca in tempesta. Il vento tenta di strapparmi dalle mani quei due metri quadrati dove devo rifugiarmi, e lo fa con una violenza spropositata - governata da precise leggi e calcoli di fisica che tempo fa conoscevo.

Bloccando la struttura con pesanti pietre riesco alla fine a tirare su il riparo.
Anche questa è fatta -

accampamento in quota presso Rocca della Valle, m.2800


  Il sole, già occultato dalle nuvole, scompare in fretta dietro la testa della Valle del Leone. La luce diventa più fredda, e con essa anche la temperatura. Il paesaggio perde i suoi ( pochi ) colori e offre delle visioni letteralmente in bianco e nero. Scatto due ultime foto; la prima in direzione dei crateri sommitali - la seconda è forse la più bella che abbia mai scattato: le ultime luci sul fondo della valle, dove nuvole basse sfiorano antiche colate laviche, quasi un bacio - un amplesso impossibile tra terra e aria, due elementi essenziali.

Tramonto sulla valle del Leone. In alto, i crateri sommitali occultati dalle nubi.
L'immagine forse più significativa scattata sinora.
Un bianco e nero naturale oltre che drammatico.
La bellezza dell'Etna nei suoi elementi essenziali, terra e aria.
Nikon D7000, focale 170mm @ f/6,3   iso320  1/640sec.  exp.+0,3  mano libera.

  La tendina sbatte paurosamente generando un rumore d'inferno. Cala la sera, poi la notte. Sono un punto nell'immensità dell'Etna. Passo una notte tormentata sperando che la paleria di alluminio non si danneggi. 
Intorno alle quattro del mattino la violenza del vento aumenta ancora, e dopo ancora di più.

Ascolto Handel e Mozart, i loro concerti per organo e pianoforte.
Le note musicali composte 280 anni fa si perdono in questa notte solitaria e speciale -

Fine della seconda parte.

domenica 28 settembre 2014

Terra di sabbie nere e vento, prima parte.


Il tempo si ferma, sul deserto vulcanico.
Parla un vento che fa paura.
Non posso viaggiare con l'immaginazione,
non mi basta.


Le immagini che seguono fanno parte di una storia. Una storia di vulcani, di vento e di solitudine assoluta.
Mi è costato fatica arrivare fin qui sui Pizzi Denèri, a quasi 2900 metri di quota.
Dove l'aria è rarefatta e l'Etna si fa sentire in tutta la sua drammatica bellezza.
Questo viaggio, questo trekking di due giorni sul grande vulcano, è stato uno dei più intensi della mia vita; e io adesso lo affido a queste pagine virtuali, come affiderei una bottiglia con un messaggio al mare.
 
  Inizio la mattina presto il viaggio di avvicinamento all'Etna; attraverso le montagne dei Nebrodi, sempre affascinanti. Il tempo come si vede non è dei migliori, segno che l'autunno si sta ormai affermando.
in marcia nei dintorni di Floresta, m.1240
 
luci e ombre sui Nebrodi dopo la pioggia
 
  Mi fermo a Randazzo per i soliti rifornimenti, poi punto deciso verso la stazione sciistica di Piano Provenzana, sull'Etna nord, dove abbandonerò l'auto. Inizio a camminare sulla pista utilizzata dai fuoristrada turistici, e già dopo poche centinaia di metri i segni dell'attività vulcanica diventano evidenti.
Piano Provenzana, Etna nord - m.1820


la pista che porta ai crateri

  
  Avanzo faticosamente ma con decisione; dai fuoristrada i turisti mi guardano e mi salutano; sono appiedato con uno zaino ancora più pesante del solito: oltre a tutta l'attrezzatura fotografica questa volta si aggiungono i tre chili della tenda. L'intenzione è quella di accamparmi in prossimità dei Pizzi Denèri, dove si trova l'edificio dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. 1000 metri di dislivello totale, quindi.
  Certo il fatto di essere a piedi, libero, mi permette di fermarmi quando desidero e scattare immagini suggestive che questa parte del percorso mi regala.

Una spettacolare immagine di due crateri vulcanici spenti, 
un paesaggio che evoca il film Il Deserto dei Tartari. Sono a quota 2400.

  Continuo a salire su questa pista interminabile. I mezzi fuoristrada ridiscendono, pieni di facce contente. Passo dopo passo tocco i 2400, poi i 2500, poi i 2600. E' da questa quota in poi che scatta qualcosa, lo percepisco chiaramente. E' l'aria che cambia; è più rarefatta. Ogni 150-200 metri devo fermarmi perchè inizia leggermente a mancare l'ossigeno. I Pizzi Denèri sono ancora un punto lontano, in alto nel cielo.
Il tempo peggiora e mi trovo immerso nella nebbia, in pieno deserto vulcanico.
immerso nella nebbia in località Piano delle Concazze, m.2700
  Consulto la carta; non vedo nulla, solo una pista offuscata. Inizia a piovere; una pioggia gelida e triste. Non devo farmi prendere dall'impazienza, sarebbe un errore. Mezza giornata di fatica, di passi, di respiri affannati - uno zaino che pesa come un macigno sulle mie spalle. Dove sto andando ?

  - poi l'edificio dell'Istituto di Vulcanologia appare all'improvviso come un miraggio. Sono arrivato !
Un attimo di commozione, solo un attimo. Mangio qualcosa nei pressi della strana costruzione a cupola; porte e finestre sono di metallo, saldamente sbarrate. Busso, quasi per scherzo.
Nessuno risponde, l'edificio è deserto.

Parla solo il vento. Continuo, insistente, implacabile vento di montagna -
Sempre più forte.

Uno dei due edifici gemelli dell'Ist.di Geofisica e Vulcanologia.
Pizzi Denèri, Etna - quota 2847.

Fine della prima parte.

sabato 20 settembre 2014

Il Giardino Nero; altre sette foto inedite.



Altre sette immagini del trekking sull'Etna.
Prossimamente penso di recarmi ancora sul vulcano per dei tour fotografici. Ci sono tre possibilità:

1) una lunga camminata sulla pista altomontana zona ovest tra il rifugio di Monte Maletto, dove non sono mai stato, e il rifugio di Monte Palestra, a quota media 1800 metri.
2) la salita a piedi da Piano Provenzana, zona nord-est, fino all'Osservatorio Vulcanologico dei Pizzi Deneri, a oltre 2800 metri di quota, con accampamento in tenda nei pressi di Monte Rittmann, esposto a panorama spettacolare su alba e tramonto.
3) trasferimento in funivia dal famoso rifugio Sapienza, Etna sud, all'area della Montagnola, quindi prosecuzione a piedi lungo il crinale di testa della Valle del Bove e accampamento in quota nella zona dell'ex Torre del Filosofo, a m.2900.

La scelta è ardua.
Forse alla fine è meglio fare tutto e vivere in pace !
( almeno per qualche giorno...)

Monte Nero, (m.2049), teatro eruttivo del 1911.      Nikon D7000, Sigma 8-16mm @ f/9 250iso 1/500sec.;  mano libera.
in alto. Vegetazione pioniera delle lave vulcaniche. In primo piano
a sinistra, pulvini di Spinosanto ( Astragaletum siculi ).
Tale esempio di vegetazione che richiama le steppe spinose delle
alte montagne mediterranee non ha eguali in nessun'altra montagna
d'Europa e del resto del mondo.

Alba su M.Nero, Etna.    Nikon D7000, Sigma 8-16mm @ f/7,1 iso200 1/8sec.    Exp.comb. 0,-1,3 EV; treppiede.

giovedì 18 settembre 2014

Il Giardino Nero; trekking fotografico sul grande vulcano.


I can hear the cry
of a leaf on a tree
as it falls to the ground.
I can hear the call
of an echoing voice
and there's no one around.

Silence and I, The Alan Parsons Project



   Randazzo, versante nord dell'Etna, ore otto del mattino. Mi rifornisco di provviste sempre nello stesso piccolo negozio di generi alimentari;  - stamattina è affollato di ragazzini del vicino oratorio al loro primo giorno di scuola. I loro zaini sono sicuramente meno pesanti del mio, che non contiene libri ma il necessario per un trekking di due giorni in due delle aree più interessanti del vulcano: l'altopiano del Passo dei Dammusi, un'immensa distesa di lave originate dall'eruzione del 1614-1624 e il cratere spento di Monte Nero, a oltre duemila metri di quota.

 
   Abbandonata l'auto in contrada Pirao mi sono diretto a piedi verso la Cisternazza / Monte Santa Maria 
( m.1632 ) e in circa due ore di cammino ho raggiunto le lave dei Dammusi.
Mi sono trovato davanti uno scenario mozzafiato; guglie, pinnacoli, squarci abnormi nel terreno, distese di lave cordate semplicemente spettacolari. Un paesaggio dalla geologia tormentata, come testimoniano le immagini.



  Finito di pranzare ho proseguito il cammino in salita attraverso un'ombrosa faggeta sino a guadagnare la quota di 1840 metri, dove si trova il rifugio Timparossa - l'unico sull'Etna che sia stato costruito interamente in legno.

Il rifugio forestale Timparossa (m.1840)
   Dal rifugio inizia un sentiero nel bosco in direzione del grande cratere  di Monte Nero ( m.2049 ), coinvolto nella storica colata lavica del 1911. Ho dedicato l'intero pomeriggio a documentare quest'area straordinaria, immerso in un silenzio assoluto rotto soltanto dallo scricchiolare vetroso delle mie scarpe sul terreno di pietre di lava. Lascio la parola alle fotografie.

la dorsale scoscesa del cratere di Monte Nero ( m.2049 )
giardinetti lavici naturali ai piedi di Monte Nero.
Monte Nero, panorama dal versante est
Monte Nero, versante nord; Bocche di fuoco.
   Alle 19 ho fatto rientro al rifugio, ho cenato e mi sono coricato ascoltando il sibilo del vento tra gli aghi dei pini che circondano la capanna, il rosicchiare dei tarli del legno e il via vai di un piccolo topo che approfittando del buio è andato in piena notte a curiosare il mio zaino.

   Mi sono alzato alle cinque. L'aria all'esterno era appena fredda. Ho fatto colazione e ho lavato la faccia con l'acqua del pozzo, quindi ho percorso nuovamente lo stesso sentiero per il cratere di Monte Nero ancora immerso nell'oscurità. E' arrivata l'alba sul deserto vulcanico. Un'alba limpida e cristallina fatta di rosso, di silenzio e di folate di vento. Effimera e breve come l'esistenza.
Albeggia sul versante est di M.Nero, Etna.    Nikon D7000; Sigma 8-16mm @ f/7,1   1/4sec.   200iso; exp.comb. -1,+1 EV.
  
  Nella lunga marcia di rientro ho fatto una sosta al rifugio Saletti, dov'ero già stato lo scorso marzo: Semplicemente Etna.    Mi ha fatto piacere rivedere quella costruzione in cui ho trascorso una serata bellissima col caminetto acceso -
 
  Prima di rientrare a Randazzo e poi a casa mi sono imbattuto in un'antica masseria per la produzione di vino. Una costruzione massiccia in pietra lavica, con all'interno le vasche per la raccolta e la pigiatura del mosto e vari locali ormai in disuso destinati ai contadini addetti alla vendemmia.
  Il tetto era ormai mezzo sfondato - le finestre occhieggiavano alla valle dell'Alcàntara, aperte alle intemperie.
In un angolo si trovava ancora il forno a legna per il pane.
E nel locale più grande qualcuno, con caratteri un po' infantili, aveva dipinto la data: correva l'anno 1908 -   tre anni prima della grande eruzione del 1911, che risparmiò l'edificio.

Arrivederci Etna.
La masserìa abbandonata di contrada Pirao; Randazzo (CT)
uno dei locali interni; sulla sinistra il forno a legna.
Il locale destinato alla pigiatura del mosto.

Desidero ringraziare tutti coloro che lavorano dietro al Blogger di Google, forse il mezzo di comunicazione e condivisione più bello di tutta la rete. Grazie, sinceramente.
Lupolibero, settembre 2014.