venerdì 20 maggio 2016

Heading East 2016, Tips.



In Austria le ciclabili sono un nastro di seta,
quanto di meglio un ciclista potrebbe desiderare




     In questo viaggio ho fatto larghissimo uso di piste ciclabili. In passato le snobbavo considerandole roba per famiglie con bambini al seguito, invece esse costituiscono un’ottima chance per viaggiare in bici in tutta sicurezza. Semmai, gli inconvenienti delle piste ciclabili possono essere i seguenti:
- La segnaletica non è sempre chiara e decifrabile
- Le radici degli alberi adiacenti hanno sconquassato il fondo della pista
- Si viaggia talmente tranquilli che ci si vizia, e quando si ritorna su strada, si faticherà a sopportare le auto
- Il percorso della ciclabile è spesso meno lineare, pieno di larghe deviazioni e saliscendi


 Nel tratto italiano le ciclabili che ho utilizzato sono state due:

            - La ciclabile delle Dolomiti da Calalzo di Cadore a Dobbiaco, all'inizio del viaggio.
Questa pista è stata ricavata da una ex ferrovia. Sono ancora visibili le vecchie, bellissime, stazioni e si pedala su ponti, viadotti e all'interno di gallerie illuminate da luci al neon. Si snoda tra scenari dolomitici spettacolari. Asfaltata da Calalzo sino a una vecchia dogana prima di Cortina, la pista continua sino a Dobbiaco su fondo sterrato. Ho dovuto rinunciare a quest’ultimo tratto in quanto ancora impraticabile per neve, ma la Statale 51 non è troppo trafficata, e offre una validissima alternativa.

            -  La ciclabile del Brennero, dall'omonimo Passo sino a Trento, alla fine del viaggio.
E’ stato davvero meraviglioso pedalare su questo nastro d’asfalto liscio e ben tenuto, tra campi di mele e vigneti. Ci sono aree di sosta specifiche per ciclisti e diversi tratti sterrati in boschi di abeti dislocati nella parte iniziale, quella più a nord. La segnaletica è ottima e particolarmente curata in prossimità dei centri abitati. Frequentatissima da corridori e cicloamatori di ogni età.




In Austria le ciclabili utilizzate sono state:
- La ciclopista della Drava, di circa 300 km, che da Dobbiaco (Italia) porta a Maribor (Slovenia) attraverso il Tirolo e la Carinzia. Questa pista è un vero fiore all’occhiello dell’Austria e forse una delle più belle d’Europa. Il fondo è quasi sempre asfaltato. Quando non lo è, la ghiaia è talmente fine e compressa che non rimpiangerete l’asfalto - gli austriaci sono davvero superiori in queste cose. La segnaletica è stata curata da ciclisti, non da amministratori locali, e si vede. Abbondano i “cartelli di conferma” dieci metri dopo ogni bivio, quelli che vi rassicurano sul fatto che state procedendo sulla strada giusta. Una favola. Si può anche acquistare la guida ‘Ciclovia della Drava’ edita da Ediciclo, ottima fonte di informazioni dettagliate.

- La ciclopista del Danubio, da me percorsa nel breve tratto tra Bratislava e Vienna. Asfalto e segnaletica ineccepibili. Il paesaggio però è un po’ noioso, meno movimentato. Ma si entra nel cuore di Vienna costeggiando il Danubio, tranquilli e felici: cosa volete di più ?
 


 

Slovenia.
In Slovenia ho percorso il tratto finale della ciclopista della Drava sino a Maribor. Le indicazioni sono leggermente più carenti; i villaggi attraversati sono molto pittoreschi. Non sempre la pista è interdetta alle auto, e si percorrono anche strade condivise con gli automobilisti. Prima di Maribor la segnaletica diventa scadente e la pista divaga spesso e volentieri su tratti a ghiaia grossa, molto difficoltosi per qualsiasi bici.



La segnaletica del percorso internazionale Eurovelo 6.
 


Ungheria.
La ciclopista del Danubio da Budapest a Bratislava alterna tratti sterrati a tratti asfaltati. Corrisponde all’itinerario europeo di lunga percorrenza denominato Eurovelo 6. La segnaletica è spesso e volentieri carente. Ai numerosi incroci privi di cartelli si tira dritto e si continua alla “spera in dio”: si può e si dovrebbe fare di più: "ungheresi, forza" ! Per compensare, Budapest è dotata di un sistema capillare di piste ciclabili dislocate praticamente in ogni angolo della metropoli. Visto che siamo in tema di strade: per l’Ungheria ho acquistato la mappa della EDT Marco Polo in scala 1:300mila (1 cm= 3 km) che si è rivelata più che soddisfacente; non è stato facile reperirla in quanto per quasi tutti l’Ungheria significa solo recarsi a Budapest – sono pochi quelli che visitano il resto del paese. Se programmate un viaggio a largo raggio, pensateci per tempo e acquistate la mappa prima di partire.


Sosta con pizza. A destra, la preziosa mappa dell'Ungheria.

 

Slovacchia.
La ciclopista del Danubio, o Eurovelo 6, si svolge sempre a fianco del Danubio. Dopo un lunghissimo tratto sterrato e solitario da Velky Lel a Klučovec, diventa asfaltata e liscia come un tappeto sino al centro di Bratislava, oltre che interdetta alle auto. Le indicazioni Eurovelo 6 sono più che sufficienti.





L'erba schiacciata dalla mia tenda: per una notte sono stato qui !


Pernottamenti e accampamenti.
Ho sempre usato la formula ‘3-4 giorni in tenda, 1 giorno in ostello/pensione/bed and breakfast. Non mi interessano sistemi tecnologici con cui si prenotano gli alberghi (...addirittura prima ancora di partire – e cosa succede in questo caso se siete stanchi e volete rimanere un giorno in più ? !!!). A mio avviso queste cose sono fatte per chi viaggia portandosi dietro paure e insicurezze nel proprio bagaglio.

La tenda è stata spesso e volentieri la mia casa, mi ha consentito di vivere in pieno la natura e nessuno mi ha mai infastidito o creato problemi o cacciato, anzi.  Quando ho smarrito la strada, ho sempre chiesto alla gente – e alle volte ne sono venute fuori fugaci quanto piacevoli amicizie. Colgo l'occasione per far presente che in Ungheria la conoscenza dell'inglese è molto bassa, soprattutto nei centri rurali. Ne vengono fuori situazioni divertenti.

Ho portato con me solo una lista di ostelli della gioventù scritta su un foglio di carta. L’ostello di Budapest, consistente in un ferry ancorato in riva al Danubio con tanto di ristorante interno a buon prezzo, è stata una perla del viaggio. Per me il viaggio in bici dev’essere in qualche modo avventuroso – è qualcosa di troppo bello e prezioso per inscatolarlo e programmarne l’andazzo a suon di microchip.

  
La mia stanza, anzi cabina, al fantastico ostello di Budapest, ferry ancorato sul Danubio.

 

      L’accampamento più bello di tutto il viaggio è stato dopo Cortina d’Ampezzo. Evitando campeggi, bed and breakfast e alberghi di ogni sorta, mi sono allontanato di qualche chilometro dalla città. Ho chiesto a un runner che stava rientrando in auto se ci fosse secondo lui un posto tranquillo dove piazzare la tenda. Mi ha suggerito di rientrare sulla ciclabile ricavata dalla ex ferrovia, percorrerla per un chilometro e fermarmi sul retro della stazioncina ferroviaria in disuso di Fiammes. Così ho fatto. Era un posto stupendo e assolutamente tranquillo.

      La notte è stata gelida, e il mattino successivo il termometro segnava zero gradi. Non volevo più andarmene da lì, c'era davvero un'energia positiva. Poi ho fatto colazione e rimesso a posto i bagagli; quel chilometro che ho ripercorso all’indietro era fantastico – la luce magica del mattino, il freddo, il silenzio e un teatro di montagne spettacolari illuminate dalla prima luce del giorno. Non ho parole per descrivere certe sensazioni – sarà banale dirlo, ma bisogna provarle. Quello che dico è: come si fa a rinunciare a tutto questo ritirandosi in albergo ogni sacrosanta sera ?





 Sopra: in tenda sul retro della stazioncina
ferroviaria in disuso di Fiammes, nei pressi di Cortina.
Sotto: il paesaggio spettacolare delle
Dolomiti d'Ampezzo alla prima luce del mattino successivo.






4 commenti:

  1. Marco SognatoreFallito20 maggio 2016 alle ore 07:40

    Ma non ti rompi le balle a smontare la tenda? E sacco a pelo, e materassino, e armi e bagagli vari...
    Montarla non mi dispiace, anzi ha quasi un certo fascino e divertimento. Ma mettere via tutto per ripartire è una delle attività che odio di più.

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    1. Le operazioni di smontaggio fanno parte del viaggio, ed esso a sua volta fa parte della mia 'nuova' vita, che adoro (a differenza della precedente, che detestavo). Per la tenda riservo un rispetto quasi sacro - la smonto in pochi minuti, con trepidazione: è come mettere la chiave in un motorino d'avviamento: cosa mi riserverà la giornata ? che gente incontrerò ? Sarò ridondante, ma "prima" avevo già queste risposte, ogni santo giorno. Quello sì era un rompimento di balle, anltrimenti detto alienazione, vita programmata. Smontata la tenda, guardo a terra dove c'è l'erba schiacciata, e penso che ho trascorso una notte diversa, una notte "da raccontare". Ciò che fa parte di un'attività che piace, viene più facilmente tollerato anche quando è routinario: anche gli artisti alla fine devono ripulire i loro pennelli e rimettere a posto il materiale. Nel mio caso, tra colazione e smontaggi vari impiego circa un'ora per rimettermi sulla strada. Nel mentre, la musica classica mi fa compagnia. Adoro tutto questo.

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  2. Che coraggio!
    Se fossi tua madre mi verrebbe il crepacuore!

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    1. Dai, non esageriamo... si tratta pur sempre di Europa, e di una parte molto civilizzata. Sarebbe pericoloso, al rischio della vita, recarsi piuttosto in Nigeria o nel Mali. In ogni caso, il 90% di quello che temiamo ci possa succedere, non succede mai - il restante 10% fa parte dell'ignoto. Ma questo vale anche nella vita di tutti i giorni - Un saluto.

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