mercoledì 30 novembre 2016

Il trekking dei crateri spenti dell'Etna, versante Ovest.









“Aspettate che il sole si abbassi sull’orizzonte: poco prima del tramonto il fianco ovest dell’Etna si colora di tinte incantevoli. Osservate le distese laviche mentre assumono toni cromatici che spaziano dall’arancio al rosa, i canaloni che percorrono i fianchi del vulcano scavati dagli ultimi raggi del sole, che mettono in risalto ogni asperità, ogni piega del terreno”.

G.Riggio, G.Vitali – Conoscere l’Etna, Sellerio Ed. 1987








Basterebbero già le parole di questi due autori per descrivere appieno le due giornate che ho vissuto sui sentieri di quello che ho chiamato ‘Il cammino dei vecchi crateri’, un percorso che si snoda su piste forestali affiancate da pini, pioppi e betulle, poi da querce e lecci, sino agli ultimi alberi che si incontrano alle quote più alte, nei pressi del rifugio della Galvarina. Diario di un trekking affascinante e indimenticabile, tra i più belli che si possano vivere sul vulcano.



28 novembre 2016
     Nubi sparse e cielo sereno, aria fresca, silenzio. Ho lasciato l’auto a quota 1550 e in breve mi trovo immerso in un fittissimo bosco di pini larici in cui i raggi del sole faticano a filtrare. Passo vicino Monte Albano, uno degli innumerevoli crateri spenti disseminati sui fianchi dell’Etna. Due ore di strada e 300 metri di dislivello mi separano dal rifugio della Galvarina, dove mi fermerò questa notte. Il bosco sembra non finire mai, poi improvvisamente la pista sbuca su un’immensa distesa lavica risalente al 1610. I pini si fanno più bassi e radi: ho quasi raggiunto la pista forestale altomontana.








    Conosco il rifugio della Galvarina sin da quando avevo sedici anni. Ci andai insieme a un conoscente quando ancora era un edificio spettrale e malandato. Il parco dell’Etna all’epoca non era ancora nato. Ricordo che era in corso un’autentica tormenta di neve - era aprile e il nostro equipaggiamento lasciava molto a desiderare. Rammento la neve scagliàtaci in faccia da un vento micidiale, e le scarpe bagnate. Oggi, 28 anni dopo, la Galvarina è un accogliente punto d’appoggio, completamente ristrutturato e funzionale.




Incontro tre operai forestali che stanno scaricando legna per il camino. Scambiamo due parole e mangiamo qualcosa, poi vanno via e resto da solo. Sul retro incombe la mole dell’Etna – il suo versante occidentale deserto e solcato da canaloni lavici. Le nuvole sfiorano i deserti vulcanici e si allontanano. Rientro nel rifugio e preparo un caffè solubile, da bere accanto al calore del fuoco.









Nel pomeriggio lascio al rifugio tutto ciò che non mi serve e mi reco su un altopiano nelle vicinanze per aspettare il tramonto. Abbandonata la pista, salgo a piedi tra ginestre e cespugli di asfodelo sino alla base di Monte Pecoraro, m. 2263, un grande cratere rosso dall’aspetto appiattito. 







     Quello che colpisce è il silenzio. Niente aerei, niente persone, niente uccelli. Una solitudine assoluta, una comunione totale con la natura. Il paesaggio è essenziale, elementare. Rocce laviche, alberi solitari, bassi cespugli che crescono rasoterra - altri crateri spenti, neri e colossali. Il tempo passa veloce come queste nuvole, che spengono e accendono luci calde e fredde di minuto in minuto. Si passa rapidamente dal sole alla nebbia più fitta sino a quando il breve giorno di novembre muore su montagne lontane, al di là dell’Etna, lasciando l’aria fredda e umida, odorosa di zolfo e paglia.

















sopra e sotto: ultime luci del giorno sull'altopiano
della Galvarina, a circa 1900 metri di quota.






     E’ buio e ho finito di scattare le mie foto. Indugio nel mezzo di questo deserto e quindi faccio ritorno al caldo del rifugio. Una cena frugale, un po’ di vino ma senza esagerare; guardo le fiamme del camino per un tempo che sembra indefinibile, poi esco nel gelo della notte inondata di stelle. Le luci dei paesi lontani sono scomparse sotto coltri di nubi illuminate ogni tanto da fulmini. Nel caldo del saccoletto invernale ascolto brani di musica al pianoforte e un episodio tratto da ‘I racconti di Kolyma’, ambientati nei campi minerari siberiani. 'Lida' è il titolo di quello in questione. L’avrò ascoltato almeno venti volte e mi piace sempre, smuove corde profonde del mio animo.





 Almeno per questa volta non dormo per terra !




29 novembre 2016
     Sveglia alle 5 e trenta. Il grande ciocco di legna di pino arde debolmente nel caminetto e lo ravvivo. Faccio colazione a lume di candela. Fuori la luce e bluastra e il terreno coperto di brina ghiacciata. La sommità dell’Etna è nascosta dalle nuvole, oltre 1400 metri più in alto. La camminata di oggi è di circa quattro ore e prevede di passare da tutta la serie di crateri spenti di questo versante, perdendo quota progressivamente sino al punto di partenza. Lascio quindi il rifugio e mi dirigo verso Monte Rosso e Monte Mezza Luna, m.1769.











in alto e seguenti: immagini incantevoli dell'alba
nei pressi del cratere spento di Monte Mezza Luna (m.1769 - eruz.1763)













Scendo di quota e mi dirigo verso altri grandi crateri, Monte Lepre, Monte Arso e Monte Ruvolo. In mezzo giace l’immane deserto lavicodel 1763. Il cielo si copre sempre di più mentre cammino, piegando a sud e poi a est. In prossimità di Monte tre Frati faccio sosta presso una capanna di forma conica che mi ricorda il viaggio in Lapponia.











     Infine piove. Prima pioggia, poi pioggia mista a neve. Manca un’ora di cammino in salita per Monte Gallo e il punto di partenza. Mi fermo a mangiare qualcosa presso Case Zampini, una caserma della Forestale chiusa e circondata da alti pini, poi riprendo la marcia. Mi imbatto in una scolaresca che va in direzione opposta alla mia. Hanno scelto proprio il giorno sbagliato per la gita: umido, piovoso e adesso anche freddo. C’è chi mi saluta, chi sorride, chi guarda con orrore al mio zaino enorme. Poi spariscono inghiottiti dalla nebbia e dal bosco. 











     Eccola, la mia auto. Con i vetri semi coperti di neve. Da una parte sono contento di far ritorno a casa, dove accenderò la mia stufa e farò una bella doccia calda seguita da una cena come si deve. Per certi versi mi dispiace anche un po’ che questa lunga escursione sia finita. I colori dell’autunno, il paesaggio vulcanico, la libertà - meravigliosa. Tutte cose che esercitano un fascino magnetico, almeno su di me -

Metto in moto l'auto e inizio il lungo ritorno verso la mia casa di pietra in Sicilia, da qualche parte al di là delle montagne. Arrivederci Etna.








NOTE PER L'ESCURSIONISTA





Il trekking dei vulcani spenti si svolge sul versante occidentale dell'Etna, che ne è particolarmente ricco. Il percorso inizia dal parcheggio di Monte Gallo/Piano Fiera a quota 1550, sfiora Monte Albano completamente boscato e giunge al rifugio forestale della Galvarina, a m. 1879, dove se si vuole si può pernottare.

Etna Ovest, rifugio della Galvarina.


La Galvarina offre una stanza ampia e accogliente, ma quello che davvero funziona bene è il camino. La canna fumaria ha un tiraggio eccezionale in grado di aspirare ogni singola molecola di fumo: complimenti a chi lo ha costruito !   Tutt'altra cosa rispetto al camino del vicino rifugio di Monte Palestra/Poggio La Caccia, che sembra fatto apposta per rimandare continuamente il fumo nella stanza.

Per contro, il grande stanzone della Galvarina attira comitive numerose prime fra tutti quelle degli Scout. Per minimizzare la probabilità di soggiornare in allegra compagnia io evito SEMPRE di recarmi in montagna nei giorni festivi, qui come altrove. Anzi direi che uno dei capisaldi fondamentali del mio cambio di vita è stato proprio questo: andare in giro nei giorni infrasettimanali.



La segnaletica.



Finalmente ! Meglio tardi che mai ! Dopo decenni di attesa anche sull'Etna sono apparsi i segni internazionali bianco/rossi per l'escursionismo. Ma soprattutto i cartelli. Che sono più che mai importanti in un percorso come questo, pieno di bivii e piste che si incrociano in tutte le direzioni.

Poche cose sono frustranti per l'escursionista quanto procedere faticosamente nell'angoscia di non essere sulla strada giusta. I cartelli segnaletici che sono stati collocati di recente sono UNA BENEDIZIONE. Alle volte i tempi indicati sono imprecisi, altre volte esatti al minuto. Ma quello che conta è la direzione di marcia.
Poichè questo ben di dio verrà probabilmente danneggiato dai soliti deficienti la cui madre è sempre incinta, mi auguro che in futuro vengano sostituiti e venga fatta manutenzione. Dico questo perchè troppo spesso ho constatato che in Sicilia le cose buone ci sono; il problema è farle durare.


Quanto adoro i cartelli ufficiali !


La presenza dei segnali NON DOVREBBE comunque esimere dall'avere con sè una buona, vecchia e sana cartina. Ottimo il foglio 1:50mila edito dalla Litografia Artistica Cartografica.

La seconda parte del trekking richiede circa 4 ore di marcia e va dal rif.Galvarina ai crateri di Monte Rosso, Monte Mezza Luna, Monte Lepre, Monte Arso, Monte Ruvolo e Monte Tre Frati. Dalla Casa Forestale Zampini si ritorna infine in 50 minuti al parcheggio di Piano Fiera.


I vecchi crateri e la loro storia.
Dato che il giro è incentrato sui numerosi vulcani spenti e il paesaggio che li circonda, non posso non citare la pubblicazione interessantissima di G.Tringali. Essa è reperibile sul web in questa pagina.
I miei complimenti a quest'autore non saranno mai abbastanza.




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