domenica 10 dicembre 2017

Arrivederci Sicilia.



Le isole Eolie riprese dalla costa tirrenica messinese.




Ed eccoci qui. Mi sveglio come sempre alle 6 e aspetto che il Sole illumini la finestra di legno. Fuori, aranci e limoni salutano il nuovo giorno. Faccio colazione, ripulisco la stufa dalla cenere, rimpiazzo le legna da ardere, rimetto in ordine la stanza, faccio mangiare i gatti e poi mi reco al sedile sotto l'ulivo, quello lassù in alto da dove si vede il mare.

Il cielo è indeciso, metà azzurro-metà grigio. Vincerà il grigio e pioverà a breve. Anche questa stagione siciliana è finita. Lunedì riparto per il Nord Italia.



Sembravano lunghi questi mesi, invece sono passati anche loro. Scanditi da fotografie e tanti ricordi. I lavori fatti sotto il caldo feroce della scorsa Estate, i (pochi) bagni al mare, le spremute di arance a filiera-metri zero, le gioie dell'orto, le escursioni sui Nebrodi, sull'Etna e sulle Madonìe, i colori dell'Autunno, il dio-stufa che riscalda questa casa di pietra.

Perchè c'è tantissimo da vedere - e non basterebbero 500 anni. La Sicilia rimane sempre un posto splendido - seppur spesso violentato dall'inciviltà. Qui convivono squallore e cattedrali, immondizia e Bellezza, di quella con la B maiuscola. E devi sforzarti di comprendere l'insieme, di "intuirlo".
Sono soddisfatto di tutto ciò che ho realizzato e ringrazio gli amici che sono venuti a trovarmi. Abbiamo bevuto birra e mangiato carne alla griglia - abbiamo trascorso belle ore all'ombra di un vecchio Arancio così, semplicemente, a parlare.

Ho trovato molta felicità qui - e spero di poterne trovare ancora.
Chiudo la casa e vado via ma con molti progetti già in testa: per l'anno prossimo vorrei procurarmi una bici da montagna economica - nulla di eccezionale - e con essa percorrere tracciati di ferrovie in disuso e avventurarmi lungo la Magna Via Francigena di Sicilia, un'antica trazzera di 180 chilometri che collega Palermo ad Agrigento. Vorrei recarmi ancora sulle Madonìe, montagne bianche calcaree che mi hanno sbalordito, e passare la notte nei pagliai messi a disposizione per gli escursionisti. E tanto altro -

Ho citato spesso la parola "semplicità". Essa credo sia una componente essenziale della felicità, che comunque rimane un abito su misura affatto soggettivo.
Ammiro e apprezzo chi si sforza di uscire dai propri confini geografici e mentali e si arricchisce di qualcosa che si chiama esperienza. Privi della quale crediamo di conoscere il mondo per sentito-dire da Internet o dalla televisione.

Mesi fa due ragazzi mi hanno contattato per chiedermi informazioni sulla Dorsale dei Nebrodi, una pista di 70 chilometri che percorre la cresta montuosa delle Alpi siciliane. Con due mountain bike economiche e una piccola tendina hanno fatto un magnifico, memorabile, signor-viaggio. E posso assicurare che percorrere l'intera Dorsale non è impresa da poco.
Adesso si trovano in Inghilterra a lavorare nelle fattorie.

Si tratta di persone toste che fanno quello che dicono e non se ne tornano a casa dopo qualche giorno di pioggia, come fanno invece certi "viaggiatori".
Giorni fa hanno scritto qualcosa di veramente bello - mi hanno fatto ricordare il mio primo viaggio in bici in Sardegna a 19 anni, quando per attaccare le borse al portapacchi della bici usai dei ganci ricavati dalla catena di un lampadario. E fu il viaggio più bello della mia vita -

Alec&Sabrina da Parigi a Londra in bicicletta



Nei prossimi mesi l'attività di questo blog potrebbe subire un rallentamento. Come la natura, anche la vita ha dei cicli - cosa che spesso dimentichiamo.

E' stata una splendida permanenza.
Arrivederci Sicilia.





Luglio. Ho appena finito di ripulire il noccioleto
sotto un caldo feroce di circa 35 gradi.








venerdì 1 dicembre 2017

Arrivederci Etna. Due memorabili escursioni sul grande vulcano.







Ho dedicato buona parte di questa settimana all'Etna. Per la precisione le uscite fotografiche sono state due: la prima in solitaria sul versante Sud; la seconda in compagnia di Luigi sul lato Nord del vulcano.



IL RIFUGIO DI SANTA BARBARA E MONTE NERO DEGLI ZAPPINI.

Credevo di aver visitato tutti i rifugi sparsi sull'Etna a disposizione degli escursionisti, invece ignoravo l'esistenza di questa casetta in pietra lavica posta ai piedi del cratere di Monte Nero degli Zappini, a quota 1738 metri.
La costruzione è facilmente raggiungibile a piedi dalla strada principale e fa parte del primo percorso-Natura istituito dal Parco dell'Etna, il quale però non ha più curato la relativa segnaletica, di fatto ormai inesistente fatta eccezione per i cippi in pietra lavica che segnalavano al visitatore i dieci 'punti di osservazione'.

A me interessa fotografare oltre che osservare, e il pomeriggio di lunedì non è stato certamente dei migliori: luce bassa e cupa, nuvole opprimenti e niente affatto fotogeniche. Un vero flop, ho concluso - prima di fare ritorno al rifugio sotto una fitta nevicata, per passarci la notte:




Paesaggio nevoso e cupo ripreso al pomeriggio
da Monte Nero degli Zappini, Etna sud.
In primo piano, un cespuglio di Spino Santo (astragalus siculus).








sopra e sotto: il rifugio di Santa Barbara
sotto la neve.









Il riparo consiste in una stanza dotata di un grande tavolo di legno e un camino. La pulizia del locale è più che accettabile. Il tiraggio del camino lo è invece molto meno: vuoi per le forti raffiche di vento, vuoi per la costruzione della canna fumaria in sè, mi sono trovato invaso dal fumo acre della legna di pino e costretto ad aprire la porta ogni dieci minuti.

All'ora di cena ho deciso di spegnere definitivamente il fuoco, dato che produceva solo fumo senza scaldare più di tanto. Ho disposto il saccoletto invernale per terra e confidato nella sua efficacia. Durante la notte, nella stanza si sono raggiunte temperature glaciali !

Approfitto del racconto per dare un consiglio: durante le gelide notti in un rifugio/bivacco, bisogna aver cura di avvolgere la reflex (per chi ce l'ha) in una giacca o in un pile. Questo serve non tanto allo scopo di preservare la carica delle batterie, ma per evitare il raffreddamento dell'intero corpo macchina e delle lenti, le quali il mattino dopo formeranno condense interne di lunga durata foriere di grandi imprecazioni -







sopra: sembra una scena idilliaca di gran libertà selvaggia;
in realtà combatto una guerra persa contro il fumo
acre che invade la stanza in continuazione.


sotto: un angolo per dormire al rif. Santa Barbara,
dentro il saccoletto per temperature sottozero,
in una stanza dove letteralmente si congela.










Il giorno dopo mi sono alzato alle 5 e trenta. Il cielo era pieno di stelle e cadevano piccoli cristalli di ghiaccio. Alle 6 mi sono recato sulla stessa postazione fotografica della sera prima, e stavolta i risultati sono arrivati: un'alba spettacolare sulle pendici laviche dell'antico cratere, abbellita dalle "nuvole giuste".









La prima lama di luce sulle pendici dell'antico cratere.




Sono rimasto a fotografare sino a quando la qualità della luce ha iniziato a scadere, intorno alle 8. Ho fatto ritorno al rifugio per riprendere il resto delle mie cose e ho percorso la breve strada di ritorno verso l'auto, completamente ghiacciata dentro e fuori.
Complessivamente, è stata un'uscita avventurosa e memorabile, e credo che farò certamente ritorno in questa eccezionale location.






sopra: bellissima immagine all'alba del cratere di Monte Nero degli Zappini, m.1972.
L'eruzione di questo cono secondario è stata datata intorno all'anno 1250.
Gli "zappini" (accento sulla prima i) sono i radi pini larici che crescono
sulle pendici colonizzandone le lave.







in alto: il piccolo rifugio S.Barbara alle prime luci del giorno,
affacciato sul versante sud dell'Etna.


sotto: la povera Micra lasciata al parcheggio di Monte Vetore,
ridotta a freezer a quattro ruote.



'The frozen Micra'






LE LAVE DEL PASSO DEI DAMMUSI E IL VERSANTE NORD.

Questa seconda uscita è durata un giorno e mezzo e l'ho fatta in compagnia di Luigi. Partiti dal rifugio Brunek, abbiamo percorso la strada Forestale altomontana che circonda gran parte dell'Etna alla quota media di 1800 metri, raggiungendo il rifugio di Timparossa, l'unico sull'Etna interamente costruito in legno.




Alba sul versante est dell'Etna. Al centro della foto, il grande cratere
di Monte Frumento delle Concazze, m.2151 (eruzione data 1500 d.C. circa);
in basso a sinistra il nero cratere di Sartorius, m.1605 (eruz. del 1865).







In cammino lungo la pista Forestale altomontana,
in prossimità del campo di lava del 2002.





Il rifugio Timparossa è molto suggestivo ma la sua stufa di ghisa risulta malfunzionante: il tubo di scarico dei fumi è spaccato e non è stato sostituito. Perchè i Forestali non lo riparano? Ne abbiamo incontrati una trentina vicino al punto di partenza. Non ci vuole una laurea in ingegneria per sostituire un metro di tubo di stufa, e neanche un capitale - Inoltre non c'è legna. Ora noi non si pretende di trovarne già pronta a tonnellate tagliata in quarti, ma diavolo: siamo a Dicembre e la legnaia è completamente vuota !

Fatte queste considerazioni e dopo aver mangiato qualcosa ci siamo perciò spostati verso un altro rifugio posto sul versante settentrionale dell'Etna, il Santa Maria a quota 1628 m.




Il rifugio Timparossa, bello e fotogenico
ma con la stufa pressochè inutilizzabile
e sprovvisto di legna.






sopra e sotto:
intorno alle 13 dirottiamo verso un altro rifugio,
dopo aver attraversato suggestive faggete ormai spoglie.




 Tronchi di faggio sui quali il vento ha "stampato" strisce di neve.






Foglie di pioppo su un sottile strato di neve ghiacciata:
l'Etna inizia le prove tecniche per l'inverno.





Il rifugio Forestale di Santa Maria, nei pressi
dell'omonimo monte.





Preso possesso del rifugio abbiamo speso parte del ventoso pomeriggio a esplorare la sconfinata distesa lavica del Passo dei Dammusi, risalente all'eruzione del 1614-24. Malgrado la luce non fosse delle migliori, queste lave dalla conformazione tormentata sono una continua fonte di meraviglia, soprattutto per la presenza di numerosissime strutture "a corda".







in alto e in basso: campo lavico del Passo dei Dammusi
(eruz. 1614-24); le lave cordate ivi presenti si sono formate
a seguito della elevata fluidità del magma.








Si passa la notte al rifugio, mentre
il vento all'esterno fa di tutto per entrare
a farci compagnia.





Durante la serata e per tutta la notte la violenza del vento si è scatenata con tutta la sua forza. Il camino ha fatto del suo meglio ma gli spifferi da porte e finestre non hanno certo aiutato. Fatta colazione alle 6 e trenta ci siamo quindi incamminati sulla via del ritorno.




 Una giovane betulla aetnensis cresciuta
sulle lave conserva tenacemente il suo foliage autunnale.





In cammino tra i pini della meravigliosa Pineta
di Linguaglossa (CT).





Giunti alle auto abbiamo speso un po' di tempo a rendere omaggio a un vecchio albero poco distante. Lo 'Zappinazzo' è il pino più grande presente sull'Etna, età stimata 300 anni.














Di fronte a questo vecchio pino immerso in un bosco silenzioso e profumato di resina ci si sente piccoli. E mi sembra l'immagine migliore per concludere questa carrellata fotografica ed escursionistica sul grande vulcano, almeno per quest'anno.

C'è tanto da fare e da vedere, ancora. E conto -spero- di farlo per molto tempo a venire.

Da solo o con chi voglia farmi compagnia (grazie, Luigi), sempre con la Nikon come appendice naturale del braccio. Arrivederci Etna.





NOTE PER L'ESCURSIONISTA.

Stavolta più che note tecniche sui percorsi voglio citare un magnifico posto dove mangiare sul versante Nord-Est dell'Etna. La gastronomia L'Aurora a Linguaglossa (CT) offre un primo di pasta al forno abbondante e ben fatta + secondo di salsicce locali con patate al forno + birra fredda in bottiglia a poco più di 7 euro. Nel locale è nato l'arancino di riso più grande del mondo.
Un degno modo di premiarsi dopo le lunghe scarpinate sulle piste vulcaniche.