giovedì 1 marzo 2018

Kultura del passato e del presente.






Questa foto Kodak con una brutta dominante magenta ritrae la mia classe. Nell'anno scolastico 1979-80 presso un istituto privato religioso di una città della Sicilia. Potrei dire quale istituto di preciso, ma per non sollevare gratuiti polveroni su privacy eccetera, meglio soprassedere. Tanto il punto è un altro.

A quell'epoca stavamo tutti, e dico tutti, "con due piedi in una scarpa", che è un modo per dire che non si osava fiatare di fronte ai superiori. I superiori erano insegnanti laici o religiosi che ci educavano severamente.

A sberle.

Le sberle scattavano per i motivi più svariati. Dal fare rumore mentre si era in fila per tre con le mani educatamente dietro la schiena, all'insultare un compagno in classe o in cortile.
I genitori non erano come quelli odierni: incoraggiavano apertamente questo tipo di disciplina che oggi verrebbe bollata come "fascista" e inopportuna. "Se mio figlio sbaglia prendetelo pure a schiaffi", "se le merita" - erano frasi che giravano comunemente nelle riunioni d'istituto con le famiglie. Quando parlo di sberle non mi riferisco a schiaffetti, ma a schiaffi violenti, precisi e professionali.


Una volta ricordo che un mio compagno venne preso di mira da altri due. Si trattava di bullismo ante litteram: piccole angherìe, spintoni, insulti eccetera. Un giorno, al termine della "ricreazione" la vittima venne spruzzata con dell'acqua presso le fontanelle del cortile; io non avevo mai preso parte a quella persecuzione, ma in quell'occasione - forse per scherzo o perchè mi trovavo lì - schizzai anch'io un po' d'acqua in faccia alla vittima.
Un altro fece la spia e riferì l'accaduto all'insegnante e finii dentro anch'io -

Al rientro in classe l'insegnante chiamò tre cognomi, tra cui il mio. Calò un silenzio di tomba carico di tensione. In piedi a lato della cattedra fummo presi a schiaffi davanti all'intera classe. Freddamente e tranquillamente - "Non si gioca con l'acqua" - e subito dopo mi arrivò una sberla che mi stampò cinque dita sulla faccia per mezza giornata.
Sebbene io c'entrassi per il 5% nella vicenda, fu una lezione esemplare per me e per tutti.
Il bullismo terminò più rapidamente di come era cominciato e non ci fu nessuna ritorsione contro la "spia". Perchè era giusto così. PAGAMMO IL CONTO a suon di sberle sonore.
I genitori non vennero avvertiti - altrimenti a casa avremmo probabilmente ricevuto il resto.


Quegli anni all'istituto li ricordo come se fosse ieri. Il rosso mattone degli edifici, il cortile e le partite di pallone, le chiese dove si entrava in silenzio, le scale dove si saliva in silenzio, la luce della Sicilia che entrava dalle finestre della classe in cui l'insegnante era un'autorità ASSOLUTA.
E ho un bel ricordo.
Fatto di disciplina, rigore, educazione.


Forse sono giunto - o sto giungendo - in quell'età della vita in cui si guarda indietro e si cominciano a fare un po' "quei discorsi da vecchi": prima era meglio; era un altro mondo; era un'altra epoca e via dicendo -

Eppure mi chiedo se una scuola in cui:
- gli insegnanti non devono azzardarsi a dare ceffoni sennò rischiano una denuncia,
- i genitori mettono il becco nella didattica e difendono i loro cari e buoni figli,

sia davvero una scuola migliore.

Forse, se essa è davvero migliore, lo dobbiamo a insegnanti come questi:



 Ma tutto sommato chi sono io per giudicare un esponente della vera kultura ?


Lascio quindi la parola alla "famosa psicoterapeuta", che ci spiega quello che sento ripetere da 30 anni: che la scuola dovrebbe istruire, dare l'esempio, e giù parole parole parole...
E comprensione per l'insegnante sfregiata al volto e suturata con 32 punti: brava, perchè ha saputo perdonare...






Le abbiamo fatte tutti le cazzate, da giovanissimi.
Oggi però sembra regnare l'impunità, la legge sovrana del perdono a ogni costo
Come il volontario che ripulisce il bivacco di montagna devastato dai vandali-ragazzini che si sono autodenunciati per evitare azioni legali. E lui che dice "li coinvolgerò a ripulire". Però nella foto è soltanto lui che trasporta i rifiuti a valle carico come un mulo:





Un'altra epoca - un altra scuola - un'altra educazione, intendo dire: quella che ho ricevuto. "Fascista"? "Violenta" ? Forse.

Bene, ho finito. Buona kultura a tutti.